Morello (Ausl Toscana Centro): “Ripensare l’organizzazione del territorio, bene la proposta della Fondazione Italia in Salute”

Ripensare l’organizzazione del territorio ed investire risorse in quel settore è fondamentale, ancora di più alla luce di quanto vissuto a causa dell’emergenza Covid nell’ultimo anno e mezzo. Ne è convinto Paolo Morello, Direttore generale dell’Ausl Toscana Centro.

L’Italia purtroppo è stato tra i Paesi con il più alto numero di vittime a causa del Covid. Uno di problemi principali ha riguardato l’approccio alla pandemia. Molte Regioni hanno ‘ospedalizzato’ l’emergenza non avendo un territorio organizzato. Quanto è importante ripensare la sanità territoriale alla luce di questi eventi?

E’ assolutamente prioritario farlo. Dobbiamo rivolgere l’attenzione non solo alla sua riorganizzazione ma anche far confluire investimenti sul territorio. Noi in Toscana abbiamo una tradizione di forte attenzione al territorio e riusciamo a coinvolgere pienamente i medici di medicina generale così come gli specialisti e le case della salute. La validità di questo nostro approccio ci è stata confermata dalla pandemia: tutti oggi hanno capito quanto sia importante investire sul territorio e andare ad assistere il cittadino fino al domicilio già all’insorgere dei primi sintomi della malattia.

Il paper presentato dalla Fondazione Italia in Salute lancia una proposta per un radicale ripensamento dell’organizzazione e presa in carico del paziente sul territorio. Che idea se ne è fatto?

Il presidente Gelli è mio collega, condividiamo la stessa esperienza lavorativa qui in Regione e quindi non posso che essere totalmente d’accordo con il contenuto della sua proposta. Questa è anche frutto proprio di quell’esperienza maturata qui in Toscana in questi mesi. Le analisi emerse nella proposta sono ancor più complete, danno cioè a mio avviso anche un ulteriore slancio ad alcuni aspetti che anche noi, come Regione, dobbiamo perfezionare.

Parlare di territorio significa anche chiamare in causa i suoi protagonisti. Oggi siamo nelle condizioni di mettere a sistema il lavoro di medici di famiglia, specialisti, infermieri di famiglia, farmacisti ecc?

Questo è effettivamente un nodo che viene ben approfondito nella proposta della Fondazione. Abbiamo già messo in evidenza come una pandemia vada aggredita nel territorio, per farlo al meglio è necessario che tutti i vari attori che operano sul campo vengano ricondotti ad una forte visione d’insieme. Dobbiamo superare la logica del lavoro a comparti stagni. Questi aspetti che rappresentano un limite devono essere ripensati a partire dal contratto di lavoro di questi operatori in modo da poter garantire il miglior livello di assistenza ai cittadini.

Quale contributo più fornire a questo processo l’innovazione tecnologica in sanità?

La pandemia ha determinato un forte slancio in questo senso, l’impossibilità di poter visitare in casa il malato in certi casi ha portato ad uno scatto in avanti dell’uso dell’innovazione tecnologica, penso soprattutto alla telemedicina. Ma anche l’utilizzo di apparecchiature a letto malato è stato di già fortemente implementato. Bisogna ora proseguire per questa strada in modo da sviluppare maggiormente le competenze di quegli attori che, se lasciati ognuno nel loro piccolo orto, rischiano altrimenti di involversi da un punto di vista professionale.