Il curatore dell’indagine Preiti: “Abbiamo raccontato le conseguenze della pandemia sui malati non-covid”

Con l’indagine “Gli italiani e il Covid-19” abbiamo voluto offrire uno sguardo molto ampio sulle conseguenze dell’epidemia, al di là delle dinamiche strettamente legate all’andamento del virus con la sua drammatica ricorrenza di decessi, ricoveri e contagi. Uno degli obiettivi è stato quello di considerare anche i malati non-covid, quelle persone affette da altre patologie che in questo periodo non hanno potuto ricevere le prestazioni sanitarie che si aspettavano. Un fenomeno, quest’ultimo, sottovalutato nonostante le pesanti ripercussioni di cui ci renderemo pienamente conto solo negli anni a venire.

Abbiamo poi indagato sui comportamenti collettivi e sugli stili di vita che sono cambiati: come l’ansia, oramai percepita come “normale” pur essendo a livelli molto più elevanti rispetto a prima; la riduzione dell’attività fisica; la riduzione delle ore di sonno e della difficoltà ad addormentarsi; la preoccupazione dei genitori verso lo stato psicologico dei minori; il mancato controllo sulle proprie regole alimentari e un generalizzato aumento del consumo di cibo; una crescita (seppur lieve) delle dipendenze dall’alcol e dal fumo.

Rispetto al virus, l’atteggiamento degli Italiani è molto razionale e – tenuto conto della situazione – circostanziato. Sono poche le persone che si lasciano prendere dal panico, ma registriamo un’ansia e un timore generalizzati che non sono strettamente correlati alla diversa pericolosità della malattia, come ad esempio rispetto alla fascia d’età o al proprio stato di salute. Accade perciò che siano quasi allo stesso modo ansiosi i più giovani rispetto ai più anziani o quanti hanno un’ottima salute rispetto a chi ha delle patologie. In particolare, sono più colpiti sul piano emozionale i giovani  per le conseguenze sociali dell’epidemia.

Quanto ai vaccini contro il Covid-19, se è vero che per i tre/quarti degli Italiani la fiducia è piena, per il resto della popolazione sono ampi i margini dubitativi e anche una certa avversione. Non c’è però una relazione meccanica tra percezione dei vaccini e decisione di vaccinarsi, perché abbiamo potuto vedere che una parte dei vaccinati mantiene perplessità generali, o specifiche, sui vaccini. Come se ci fossero due livelli, quello della percezione generale, ansiosa, e quello delle scelte individuali sulle quali regna una maggiore razionalità.

E’ un quadro della società italiana inedito, necessario, perché, qualunque successo nella lotta al virus passa sempre dalla decisione di milioni di persone, di ciascuno con il proprio bagaglio personale di credenze, speranze e timori.

Antonio Preiti, direttore Sociometrica

 

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