Cricelli (Simg): “Per il piano vaccini serve un maggiore coordinamento nazionale”

“Il contributo dei medici di medicina generale nella campagna di vaccinazioni contro il Covid è fondamentale. Basti pensare che, solo per influenza e pneumococco, i medici di medicina generale hanno già somministrato circa 19 milioni di vaccini in 6 settimane. Ma ci sono ancora diverse criticità da risolvere”.

Così Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale (Simg) è intervenuto per fare il punto sul piano vaccini Covid.

Non mancano però gli ostacoli. “In questo momento i problemi sono: la difficoltà a reperire dosi di vaccino, individuare in maniera chiara le categorie a cui somministrarli, individuare chi somministra questi vaccini e dove poterlo fare. Conclusa la ‘Fase 1’ che riguardava operatori sanitari e sociosanitari, personale ed ospiti dei presidi residenziali per anziani e anziani over 80 anni, inizia ora la cosiddetta vaccinazione di massa. Questa dovrebbe esser portata avanti da tutte le strutture disponibili e dai medici di medicina generale”.

Proprio su questo i sindacati della medicina generale hanno di recente siglato un’intesa nazionale con il Governo. “Si tratta di un protocollo di intenti. Il documento non dice nulla sulle modalità. Queste ultime non possono essere affidate ad un protocollo nazionale, ma vengono affidate esclusivamente alla decisione regionale. E qui riscontriamo un’ulteriore criticità. Succede infatti che oggi ci troviamo con 21 decisioni diverse in tutto il Paese. In alcune regioni si è deciso ad esempio che è compito degli stessi medici quello di chiamare alla vaccinazione i pazienti secondo i criteri individuati dal piano vaccini. Così abbiamo ad esempio fatto in Toscana. In altri casi, si è deciso invece che questo compito deve essere svolto dalle Asl o dagli stessi cittadini che devono prenotarsi con l’ausilio di apposite piattaforme. Anche in questo caso ogni Regione va da sé”, prosegue Cricelli.

“Per adesso l’unico vaccino consegnato ai medici di famiglia è quello di Pfizer – spiega il presidente Simg -. Questo si mantiene a – 80° ma, da un po’ di tempo, sappiamo che si può mantenere tranquillamente anche a – 20°. Una volta scongelato, il vaccino viene consegnato al medico di medicina generale che può così conservarlo in frigorifero per 5 giorni. Il giorno in cui il medico deve somministrare le sei dosi per fiala, il vaccino viene diluito e si dà appuntamento alle sei persone chiamate a ricevere le dosi. Le sei persone vaccinate devono contestualmente già avere l’appuntamento per la seconda dose che il medico dovrà loro tassativamente somministrare al 21° giorno dalla prima vaccinazione”.

Questo quanto accade all’interno degli studi medici. Come accennato in precedenza, c’è però un problema riguardo le categorie da vaccinare nella fase di vaccinazione di massa, anticipata dall’arrivo di AstraZeneca con un’indicazione di somministrazione solo per gli under 65. “Per la Fase 3 abbiamo protetto insegnanti, Forze dell’ordine e poi adesso, in alcune Regioni, anche categorie che sembrano venute fuori dal nulla. In Toscana ad esempio stiamo vaccinando gli avvocati e gli uffici giudiziari. Al momento il vaccino di AstraZeneca per queste categorie viene somministrato dalle Asl. Solo in pochi casi, come nel Lazio, si è previsto il coinvolgimento dei medici di medicina generale”, ha aggiunto Cricelli.

“La situazione che registriamo oggi è quindi frutto del ritardo nell’arrivo e nella registrazione dei vaccini, delle limitazioni per fasce d’età del vaccino AstraZeneca, della confusione normativa e decisoria da Regione e Regione. Tutto questo ha bisogno di un coordinamento nazionale. Ci vuole un unico decisore ed un’unica regola da applicare su tutto il territorio nazionale senza deroghe. In modo da chiarire ai professionisti come devono operare, e ai cittadini come devono ricevere il vaccino”, conclude Cricelli.