
Trojano (GISS - SIGO): “La ricerca di un equilibrio tra linee guida e pratica clinica”
Così il Coordinatore Nazionale GISS Ginecologia Oncologica, Sigo - esperto A.g.e.n.a.s.
“L’utilizzo delle linee guida nella pratica clinica non assicura, di per sé, una sorta di copertura medico-legale, l’adesione alle stesse non può dunque ridursi, neppure dopo l’emanazione della Legge Gelli, a un automatismo deresponsabilizzante, ma deve corrispondere alla sintesi fra l’oggettività delle evidenze scientifiche, la soggettività del paziente e l’autonomia del medico”. “L’obbligo di conformità alle linee guida non può comportare la cancellazione della libertà, dell’indipendenza e dell’autonomia decisionale e operativa degli esercenti le professioni sanitarie nella pratica clinica. Né, sotto altra prospettiva, le linee guida, se correttamente interpretate e applicate, deresponsabilizzano i professionisti sanitari, i quali devono essere in grado di motivare e documentare la scelta delle prestazioni di diagnosi e di cura, non essendo concepibile l’autonomia professionale senza responsabilità che, in senso ampio, significa anche congrua motivazione delle scelte compiute”, aggiunge Trojano.
“Perché possa conseguirsi un effettivo miglioramento alla qualità delle prestazioni sanitarie occorre, in altri termini, ‘calare’ le linee guida negli specifici contesti assistenziali, individuando e analizzando quali sono i fattori che, all’interno di ciascun ambito applicativo, costituiscono un ostacolo all’adozione delle raccomandazioni ivi previste e sviluppando, al contempo, gli strumenti appropriati per incentivare il loro corretto utilizzo”. “E così – sottolinea Trojano – anche se mediante le linee guida è possibile individuare la condotta astrattamente appropriata in rapporto a una determinata situazione clinica, l’esercente la professione sanitaria, anche dopo l’entrata in vigore della legge Gelli, potrà ritenere più adeguato rispetto alla fattispecie concreta e, dunque, potrà decidere di seguire un iter diagnostico e/o terapeutico differente e alternativo, a condizione che tale iter sia attualmente valido e ne sia dimostrata l’appropriatezza, ovvero sussista una controindicazione all’adozione delle raccomandazioni disattese”. “Tirando le fila del discorso – conclude – l’esercente la professione sanitaria è tenuto a muoversi, da un lato, nel rispetto dei percorsi diagnostico-terapeutici previsti dalle linee guida e, dall’altro, nell’osservanza dei principi di deontologia medica, i quali privilegiano la libertà decisionale e la tutela della salute del paziente”.