Le pronunce della Corte di Cassazione sulle linee guida e l’operato del professionista

Carlo Brusco già presidente sezione Corte Cassazione interviene sulla legge Gelli
Occorre distinguere la giurisprudenza di legittimità formatasi sul tema delle linee guida prima dell’entrata in vigore delle leggi Balduzzi e Gelli e quella successiva a queste innovazioni normative tenendo conto che, in dottrina, non si è ancora trovata una soluzione condivisa sul problema della natura delle linee guida: se si tratti di regole di condotta standardizzate ovvero se costituiscano soltanto fonti di cognizione delle regole di condotta che i medici devono seguire per il trattamento delle diverse patologie; ovvero ancora se abbiano prevalente valore di aggiornamento professionale.
Ovvie sono le conseguenze di questa incertezza sul piano penale perché l’efficacia vincolante delle linee guida si attenua sempre più in relazione alla natura che ad esse si attribuisce e alla fonte da cui provengono da cui deriva anche il loro fondamento scientifico e quindi la loro affidabilità. Problema la cui necessità di soluzione troverà un’improvvisa accelerazione con l’entrata in vigore, a pochi anni di distanza, di due leggi che ricollegano all’osservanza delle linee guida la punibilità di condotte colpose degli esercenti le professioni sanitarie.
Deve poi tenersi conto che, nell’esercizio dell’arte medica (a differenza di quanto avviene nella circolazione stradale e nelle attività d’impresa potenzialmente rischiose) difettano i presupposti per la formulazione di regole standardizzate inderogabili per le diverse caratteristiche che spesso hanno i singoli casi: non sempre il rischio è ripetibile perché le situazioni di rischio variano continuamente (così si esprime efficacemente un Autore: “non esistono malattie, ma malati”); la regola cautelare è spesso soggetta a mutamenti ed evoluzioni derivanti dal progresso scientifico e questi mutamenti sono spesso così rapidi da non consentire un immediato aggiornamento delle linee guida. Inoltre, nell’attività medico-chirurgica, è diffusa la partecipazione di soggetti interagenti portatori di conoscenze diverse. Inoltre, proprio per le caratteristiche del corpo umano – sempre diverse e irriproducibili – le linee guida che disciplinano l’esercizio dell’arte medica hanno caratteristiche di flessibilità che le rendono di volta in volta adattabili (o rendono necessario che si adattino) al caso specifico che il medico si trova ad affrontare.
Ne consegue che la violazione delle linee guida non sempre costituisce fonte di responsabilità – quando le caratteristiche del caso affrontato rendevano plausibilmente necessario adottare una diversa strategia terapeutica o chirurgica – e il rispetto formale delle linee guida non sempre esonera da responsabilità quando il medico non abbia tenuto conto di specificità che caratterizzavano la patologia del paziente e che avrebbero dovuto indirizzare per una terapia diversa o per completare quella prevista dalle linee guida con ulteriori interventi. Questi principi vengono da sempre affermati nella giurisprudenza penale di legittimità e anche la giurisprudenza civile di legittimità si è adeguata ad essi (v. Cass., sez. III, 9 maggio 2017 n. 11208). Di più: quando siano conosciute opzioni terapeutiche alternative – purché convalidate da sperimentazioni scientificamente condotte e la cui efficacia non abbia trovato smentite che valgano a porne in dubbio l’efficacia – non può essere ritenuto in colpa il medico che abbia compiuto una scelta terapeutica difforme dalle linee guida ma plausibile e responsabile per le caratteristiche indicate fermo restando l’obbligo di ottenere il consenso informato del paziente.
La legge 8 marzo 2017 n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco) non ha innovato su natura, efficacia e inquadramento teorico delle linee guida. Il sistema è invece mutato profondamente, con l’entrata in vigore di questa legge, per quanto riguarda il sistema di validazione, conoscenza e classificazione delle linee guida; aspetti del tutto ignorati dalla l. Balduzzi che, all’art. 3, pur fondando l’esclusione di responsabilità, in caso di colpa lieve, proprio sull’osservanza delle linee guida si limitava ad compiere un unico e assai generico riferimento alla necessità che si trattasse di linee guida “accreditate dalla comunità scientifica”.
La nuova legge ha infatti previsto un quadro complessivo che riguarda la gestione, l’utilizzazione e i sistemi di conoscenza delle linee guida con la previsione dei sistemi di produzione e conoscenza in particolare con la creazione di due istituti: 1) l’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità (art. 3) che, pur non riguardando specificamente le linee guida e la responsabilità sanitaria, ha un significativo collegamento con questi problemi perchè dovrebbe provvedere alla gestione delle buone pratiche finalizzate alla sicurezza nella sanità e alla gestione del rischio sanitario. 2) il Sistema nazionale per le linee guida (SNLG), da disciplinare con decreto del Ministro della salute (art. 5).
Non esiste ancora una giurisprudenza di legittimità su aspetti di questo sistema di conoscenza e applicazione delle linee guida mentre esiste una sentenza delle ss.uu. (21 dicembre 2017 n. 8770) secondo cui la causa di non punibilità prevista dall’art. 590 sexies c.p non può riguardare la fase della selezione delle linee guida ma soltanto la utilizzazione di quelle, correttamente scelte, ma nella cui applicazione l’agente sia incorso in un errore. In relazione a questi aspetti si è rilevato, in dottrina, come questa ricostruzione non sia appagante ben potendo accadere che le linee guida che, in relazione alla situazione originariamente prospettata, potevano apparire adeguate non si rivelino tali nel corso del trattamento terapeutico. A me sembra che, in questo caso, dell’adeguatezza delle linee guida inizialmente scelte non debba rispondere – nel caso in cui le medesime si rivelino successivamente inadeguate – l’operatore sanitario che le ha scelte nel caso in cui l’inadeguatezza successiva non fosse inizialmente percepibile dall’agente. Se invece, con valutazione ex ante, questa evoluzione successiva era percepibile dall’agente l’art. 590 sexies non sarà applicabile.
La più recente giurisprudenza di legittimità, sia civile che penale, ha affermato principi conformi all’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale in precedenza sintetizzata valorizzandone l’aspetto normativo con l’affermazione che le recenti modifiche normative hanno inteso creare un sistema istituzionale, di natura pubblicistica, di regolazione dell’attività sanitaria che ne assicuri lo svolgimento in modo uniforme e conforme ad evidenze scientifiche, con la conseguenza che non può essere addebitato all’imputato di non aver soddisfatto all’onere di allegazione delle linee guida. Fermo restando, fino al completamento della procedura di cui all’art. 5 l. 24/2017, l’obbligo di valutare la rilevanza penale della condotta ai fini dell’art. 590 sexies c.p., con riferimento alle buone pratiche adeguate al caso concreto.